I dati archeologici disponibili per lo studio storico-topografico dell’insediamento antico ricadente nell’area attualmente urbanizzata di Mesagne erano sino al 1996 tali da consentire solo una definizione areale delle necropoli che avevano restituito ognuna corredi funerari databili dalla fine del VI al II secolo a.C. (A. COCCHIARO, Nuovi documenti dalla necropoli meridionale di Mesagne, Fasano 1988).
Nessuna attestazione si aveva relativamente a strutture abitative o difensive coeve alle necropoli, per cui la forma di occupazione del sito si paragonava a quella di altri centri messapici caratterizzata da nuclei abitativi con annesse necropoli, dislocati lungo vie di collegamento con altri insediamenti, come si può evincere analizzando i dati archeologici, a volte decontestualizzati, che ci sono pervenuti da recuperi occasionali.
Gli interventi di tutela effettuati negli ultimi anni nel centro storico di Mesagne, racchiuso dalle mura di età medioevale, hanno mutato il panorama archeologico precedente ed arricchito anche le conoscenze relative alla fase medioevale.
Nel mese di marzo 1996, in un immobile di proprietà comunale sottoposto a lavori di ristrutturazione, in via Profilo ai civici 21-23, furono individuate, al di sotto del piano pavimentale, una parete affrescata riproducente parti inferiori di figure sacre e strutture murarie riferibili ad ossari.
L’intervento di scavo, sollecitato dalla stessa Amministrazione Comunale al fine di definire anche la successiva destinazione dell’immobile, è stato limitato all’ esecuzione di due saggi stratigrafici.
Il saggio A, aperto in corrispondenza della parete affrescata e delle strutture già parzialmente in luce, ha consentito di individuare tre distinti livelli di sepolture a partire dal XII sec. d.C. Ad una prima fase si riferisce una tomba terragna coperta da un coppo (tomba 3), ad una seconda alcune tombe di infanti, coperte da coppi (tombe 1-2); ad un’ultima fase si deve attribuire un ossario costruito in corsi regolari di blocchi.
Il saggio B, praticato in un altro ambiente dell’edificio moderno, è stato interrotto a soli m 0.30 dal piano pavimentale attuale, in corrispondenza di una pavimentazione in cocciopesto, in cui si apre un altro ossario costruito ma già svuotato in epoca imprecisata e ricolmato con pietrame.
Allo stato attuale delle indagini nulla può ipotizzarsi sullo sviluppo planimetrico del complesso, già noto agli storici locali del secolo XIX. A. Profilo, infatti, identificava in corrispondenza degli attuali numeri civici la chiesa bizantina di San Salvatore, che sarebbe sopravvissuta sino al XVIII (cfr.A. PROFILO, Vie, piazze, vichi e corti di Mesagne, Ostuni 1894, pp.120-121).
L’Amministrazione Comunale di Mesagne e la Soprintendenza ai Beni A.A.A.S. si sono già pronunciati a favore di uno scavo in estensione che consenta di porre in luce e valorizzare il complesso ecclesiale che si estende oltre i limiti dell’immobile di proprietà comunale. Nello stabile con accesso da vico Demitri, infatti, in proprietà Tuma, esiste una struttura, costruita in corsi regolari di blocchi con tracce di intonaco dipinto, riferibile molto probabilmente ad un altro ossario.
Nel 1997 nel corso di un sopralluogo in un immobile in corso di ristrutturazione in via Albricci ai civici 24-26, si prendeva atto della scoperta, al di sotto del piano pavimentale già asportato, di vasche relative a un preesistente impianto oleario e di un basolato, verosimilmente da riferire all’area scoperta del complesso produttivo. In una lacuna del basolato si rinvenivano, però, alcuni frammenti di ceramica geometrica iapigia associati a frammenti ad impasto. Il rinvenimento, seppure esiguo, appariva di grande importanza in quanto avrebbe potuto documentare per la prima volta, non solo nel centro storico ma nell’intera area urbanizzata di Mesagne, l’esistenza di un insediamento dell’età del Ferro.
Con l’autorizzazione del proprietario G. Zellino, si è effettuato un saggio di scavo in un ambiente dell’immobile, contiguo a quello in cui si erano recuperati i frammenti ceramici, che ha permesso di documentare più livelli pavimentali, sovrappostisi dal medioevo all’età moderna su una fase di frequentazione dell’età del Ferro, a diretto contatto con il banco geologico sabbio argilloso, che doveva costituire in quel punto il piano di una struttura abitativa con muri perimetrali di pietrame, rinvenuto in crollo.
Nel 1997 la conoscenza relativa all’insediamento antico di Mesagne si è ulteriormente arricchita con i dati, relativi alle fasi cronologiche dall’età del Ferro alla romanizzazione, emersi in seguito ad un intervento di scavo in via Castello 22, in proprietà D’Aloisio.
Nel corso dell’indagine archeologica si è evidenziato un settore di un’estesa necropoli, databile al III-II secolo a.C., con monumentali tombe a semicamera dipinte, disposte tutte con lo stesso orientamento NO-SE e parallele fra loro.
La scoperta in via Castello già si presentava di estremo interesse in quanto una tomba (97/2) si identificava con quella già scoperta nel 1882, vista e descritta nel 1911 da F. Ribezzo (cfr. F. RIBEZZO, in Apulia 2, 1911; O. PARLANGELI, Studi Messapici, Milano 1969, pp. 117-118), che ha restituito l’iscrizione messapica, paivas kebeirixoas, scolpita su una parete.
Le tombe a semicamere scoperte sono in totale sei, di cui due ricadenti sotto le fondazioni dell’immobile. Due semicamere presentano presso la testata NO un ripostiglio costruito e coperto da un lastrone.
Di particolare interesse la tomba 97/6 per la presenza di una nicchia nella parete NE, con prospetto architettonico, comunicante con il ripostiglio, chiusa da una porticina girevole sui cardini in pietra. La tomba presenta, inoltre, le tracce di un’iscrizione messapica sulla parete SO.
La necropoli si è sovrapposta direttamente su un livello della seconda età del Ferro, documentato da resti di strutture murarie e sepolture ad enchytrismos entro pithoi ad impasto.
Le monumentali tombe a semicamera dipinte del III-II secolo a.C. si eran impostate lungo un tracciato viario, in parte intercettato dalle fosse per l’alloggiamento delle strutture tombali e, quindi antecedente ad esse, che a sua volta veniva a delimitare l’ area caratterizzata dalla presenza di enchytrismoi dell’età del Ferro.
Nel maggio 1998, si è presentata la grande opportunità di proseguire lo scavo nell’immobile contiguo, al civico 24, di proprietà dei Democratici di Sinistra.
In quest’area, dove ci si attendeva la stessa presenza di strutture tombali monumentali, considerata la densità e la distribuzione riscontrata in precedenza, si è messo in evidenza lo stesso livello riferibile alla seconda età del Ferro, caratterizzato dalla presenza di pietrame informe e tagliato da pozzi e fosse di scarico di età medioevale.
L’area risulta attraversata in senso SE-NO dalla prosecuzione del battuto stradale individuato nell’immobile contiguo, delimitato, anche in questo tratto e su entrambi i lati, da una sorta di banchina costituita da lastre di pietra informi.
Il setto viario delimitava e sembrava circoscrivere un cumulo di pietrame informe, già allora ritenuto come probabile impianto difensivo del più antico insediamento nell’area di Mesagne, databile al VII secolo a.C.
La realizzazione del battuto viario si riporta ad età ellenistica, in epoca anteriore alla costruzione delle tombe a semicamera che marginalmente l’avevano intercettato, ma comunque rispettato.
La grande opportunità di verificare l’interpretazione dello scavo eseguito nella proprietà dei Democratici di Sinistra è stata offerta dall’Amministrazione Comunale di Mesagne che, prima di definire la destinazione di un’ area contigua agli immobili che si affacciano su via Castello, compresa fra questi, vico de’ Cantelmo e vico Quercia, dove sorgeva un edificio crollato anni addietro, ha voluto sostenere anche finanziariamente l’indagine archeologica nel corso del 2000.
L’area del setto viario e della struttura muraria dovevano ricadere in corrispondenza dell’edificio preesistente, le cui fondazioni dovevano aver notevolmente compromesso i resti e i livelli archeologici sottostanti. Individuati i limiti fondali dell’edificio, si è scavato all’interno del perimetro e dopo la rimozione di detriti e livelli moderni si sono rintracciati quelli archeologici.
Come ci si attendeva, proprio al limite dell’area di scavo si è rinvenuta la banchina costituita da lastre di pietra, che delimita il battuto viario notevolmente spesso, di cui si è confermata la cronologia in età ellenistica e l’utilizzo per lungo periodo, come mostrano livelli pavimentali sovrapposti di cui l’ultimo delimitato dalle lastre di pietra. Il battuto a sua volta delimita nettamente il cumulo di pietrame informe, già noto nei precedenti scavi, di cui è ora chiaro l’andamento per una lunghezza di m 27.50 e la larghezza di m 4.50.
L’impianto della struttura muraria è comunque databile al VII secolo a.C. sulla base dei documenti ceramici rinvenuti. Risulta confermata l’identificazione di tale struttura muraria con la probabile cerchia difensiva del più antico insediamento di Mesagne, collocato in una posizione elevata e degradante verso un bacino idrico, corrispondente all’attuale Villa Comunale, impiantata nell’ ottocento sulla Palude Scarano.
La struttura muraria sembra avere un andamento NO-SE e curvare poi verso SO, ma i dati attualmente a disposizione non consentono di definire seppure ipoteticamente l’area che doveva essere racchiusa dall’ impianto, che potrebbe comunque leggersi in chiave non esclusivamente difensiva.
Il limite verso ovest di tale struttura è segnato dall’inserimento di un grande blocco di carparo che doveva contenere alla base la struttura, forse frutto di interventi di consolidamento successivi.
Ad ovest di tale struttura così determinata l’area, notevolmente compromessa da fosse di depredazione e da butti di età medioevale si presentava, comunque, libera.
In età ellenistica, parallelamente alla struttura muraria più antica, fu costruita un edificio con fondazioni in blocchi di carparo, che potrebbe identificarsi con un recinto cultuale addossato alla struttura muraria, in quanto si è individuato l’angolo con un altro setto murario; il recinto si apriva su un’area libera, con un battuto non molto consistente sovrapposto ad uno strato di terreno che ha restituito anche resti ossei di animali.
La documentazione archeologica nell’area indagata copre anche l’età romana e il periodo medioevale sino al XVI secolo, come si va precisando con la catalogazione dei materiali.
La frequentazione di età romana è evidenziata dai rinvenimenti ceramici e numismatici. Bisogna a tal proposito mettere in evidenza che dalla via Appia in età romana si distaccava un diverticolo verso l’abitato di Mesagne. Nel 1580 in prossimità di Porta Grande, a brevissima distanza dallo scavo, fu rinvenuta un’epigrafe sepolcrale mentre dalla Chiesa Madre proviene una lastra marmorea con dedica all’imperatore Traiano.
Ad età tardoantica o altomedioevale devono datarsi alcune sepolture rinvenute nell’area di proprietà comunale. La mancanza di qualsiasi elemento di corredo non consente una puntualizzazione cronologica.
L’area di scavo, contigua alla cappella bizantina di San Nicola Vetere, è stata occupata in età medioevale da strutture abitative testimoniate da battuti, focolari, pozzi, fosse di scarico, che tagliano tutti i livelli archeologici più antichi. L’ area fu poi occupata in gran parte da un edificio a più ambienti, con fondazioni di pietrame a secco per i muri interni, poderose per quelli portanti, raccordate forse da pilastri.
Non si sono rinvenuti livelli pavimentali connessi a tale edificio né crolli di coperture, evidentemente eliminati da interventi successivi sino all’età moderna.
La lettura dell’area, che si presenta come un palinsesto, potrà essere completata dalle testimonianze dei trappeti esistenti ancora nell’ottocento, come quello messo in luce in un immobile di vico Quercia (in proprietà Pizzi), prospiciente l’area di proprietà comunale.
Sempre basandosi sull’interpretazione dei dati offerti dallo scavo in proprietà D’Aloisio, prima che si concretizzasse la possibilità di indagare l’ area di proprietà Comunale, la Soprintendenza nel dicembre 1999 aveva chiesto al proprietario dell’immobile in corso di ristrutturazione in vico Quercia l’autorizzazione ad eseguire un saggio di scavo per verificare i dati già acquisiti, dal momento che proprio nell’ area di quest’ immobile portava l’ allineamento NO-SE delle monumentali tombe a semicamera.
Si è quindi praticato, nell’ area dell’immobile risparmiata dal frantoio messo in luce dal proprietario al di sotto del preesistente piano pavimentale, un saggio di soli m 2 x 2, posizionato in corrispondenza dell’allineamento necropolare ipotizzato.
Nel saggio si sono individuate due fosse di età medioevale che sono risultate praticate in corrispondenza di una tomba a semicamera, alla quota di m 3.30 dal piano stradale di vico Quercia, alla stessa quota dei resti in proprietà D’Aloisio.
Gli interventi di età medioevale avevano quindi intercettato i lastroni, che erano stati forati per penetrare all’interno della struttura, depredandola e compromettendola notevolmente in quanto si era divelto anche un blocco costitutivo della parete.
La tomba a semicamera era segnalata da un blocco squadrato, emergente dalla controfossa, posto sui lastroni di copertura. Per questa particolarità la tomba trova confronti con quelle tipologicamente simili e coeve della necropoli occidentale di Egnazia.
La tomba presenta le pareti intonacate e dipinte in rosso, mal conservate per gli estesi crolli di intonaco, con chiodi di ferro per la sospensione di oggetti e ghirlande. Sulla parete ovest un’iscrizione messapica ben leggibile Platoras+ oraAnneihi
Platoras è un nome maschile attestato su un blocco di copertura da Ceglie Messapica (ora al Museo di Brindisi. Cfr. O. PARLANGELI, Studi Messapici, Milano1960, p. 84).
La tomba era stata utilizzata per più deposizioni nell’ambito del II secolo a.C. Resti di deposizioni in giacitura secondaria sono stati rinvenuti in una fossetta centrale praticata sul fondo della fossa. L’ ultima deposizione doveva invece essere adagiata su un letto funebre a cui possono ricondurre quattro fossette rinvenuta sciascuna in un angolo, in corrispondenza dei piedi della kline (Cfr.una tomba a semicamera con analoghe fossette, rinvenuta a Manduria in A. ALESSIO, MANDURIA (TARANTO), in Notiziario delle Attività di Tutela 1998, pp.77-81, in particolare p. 79, tav. XLI).
Fra gli elementi di corredo recuperati, sfuffiti ai primi scopritori, un piatto e un bacino di bronzo, un unguentario, una lagynos, una corona funeraria con foglie d’oro e un anello d’oro con castone costituito da un granato con Nike finamente rappresentata di spalla, con panneggio che avvolge la parte inferiore del corpo, in atto di leggere un papiro.
All’esterno dei lastroni nella controfossa, dove si suoleva deporre altri oggetti del rituale funerario, un raro ed eccezionale askos configurato a pantera.
Il rinvenimento di vico Quercia non fa che apportare ulteriori conferme alla lettura dell’ intero complesso archeologico indagato fra il 1997 e il 2000 e arricchisce le conoscenze sul rituale funerario adottato da individui di rango elevato nella società del II secolo a.C., all’ epoca in cui già si era affermata la presenza romana nel territorio: i corredi funerari mostrano già elementi della cultura romana in strutture tombali monumentali, che avevano sempre contraddistinto i ceti emergenti in Messapia, ora ulteriormente arricchite da dipinti.
La tomba di via Quercia, per problemi di sicurezza dovuti alla staticità delle pareti, compromesse da lesioni e dalla mancanza di un blocco costitutivo, e al terreno sovrastante, è stata opportunamente protetta e richiusa, non senza polemiche che hanno trovato eco nella stampa locale. Ma la nota indisponibilità di fondi del bilancio statale, unita ai problemi citati che avrebbero richiesto tempi lunghi per un progetto di recupero e di valorizzazione, hanno indirizzato verso la decisione di preservarla con la chiusura.
L’importanza scientifica del complesso archeologico indagato risulta evidente per la conoscenza delle fasi più antiche di Mesagne, dall’età del Ferro al II-I secolo a.C., e per le successive fasi di frequentazione e occupazione di età tardoantica e medioevale.
Bisogna ancora sottolineare le potenzialità di fruizione pubblica della stessa area, uniche al momento in un centro urbano del Salento. La convergenza d’intenti tra Soprintendenza, Amministrazione Comunale e privati sta consentendo, con gli interventi di conservazione e sistemazione in atto e la predisposizione di un apparato illustrativo didattico, la musealizzazione dell’intera area compresa fra via Castello, la Chiesa Matrice e vico dei Quercia. Si realizza così un percorso turistico-culturale che trova il suo inizio o la sua conclusione nel Castello, restituito da pochi anni alla collettività e che ospita il Museo con la sua documentazione archeologica relativa anche al territorio.
Dal punto di vista della tutela archeologica si auspica che la collaborazione con l’Amministrazione Comunale, la sensibilità verso il nostro patrimonio culturale che si va diffondendo nella cittadinanza e l’attività dell’Ispettore Onorario della Soprintendenza per il territorio comunale di Mesagne, possano consentire di intervenire preventivamente per la salvaguardia dei resti archeologici, che sempre più spesso vengono alla luce nel corso di lavori edili, agricoli o di pubblica utilità.
ASSUNTA COCCHIARO