La chiesetta della Misericordia è parte importante della storia di Mesagne. Alcune questioni sono, però, ancora aperte: che cosa c’era prima dell’attuale chiesa, eretta in seguito al miracolo mariano? di chi sono gli stemmi? chi fu sepolto nella chiesa – tomba? c’è una tomba sotto il pavimento o nelle vicinanze della chiesa? La chiesa assomiglia molto, nella facciata, alla chiesa di Santa Maria della Camera nel territorio della cosiddetta Albania Salentina, nel tarantino, sul luogo di un antico casale albanese del Quattrocento.
Il Mavaro azzarda delle ipotesi riguardo agli stemmi, uno in particolare, quello che lo scrittore patrio dice essere l’impresa dei coniugi Orsini – D’Enghien, ci interessa più degli altri, anche se siamo dell’avviso che ulteriori studi non sarebbero inutili e potrebbero riservare delle sorprese. Ora noi tutti sappiamo la spiegazione data dal Mavaro e sappiamo pure che, da persona seria qual era, non ne era, in fondo, molto convinto. Rosario Jurlaro, più vicino al vero, attribuisce lo stemma ai Musachi, quale elemento di una tomba, costruita per il figlio di Giorgio Scanderbeg, cioè Giovanni Castriota, duca di S. Pietro in Galatina, che sarebbe morto, scrive lo Jurlaro, a Mesagne il 2 agosto 1514.È Emanuele Polito che sbroglia il bandolo della matassa: la chiesa è collegata ai Castriota e lo stemma centrale della parete destra è sicuramente dei Castriota Scanderbeg.
Ma seguiamo lo stesso Polito: La presenza di queste quattro insegne, che gli storici fanno risalire al XVI secolo, non è un fatto casuale, ma ha un fatto ben preciso. Ciò che ci può aiutare a spiegare questo enigma, sono le notizie che ricaviamo dallo storico Attanasio Gegaj che ci parla di Giovanni Castriota, da poco nominato, per i suoi meriti, principe di Mesagne dalla regina di Napoli e delle Due Sicilie, Giovanna, il quale muore in giovane età a Mesagne, il 2 agosto del 1514.Giovanni è sicuramente residente a Mesagne in quel periodo (…) Bernardo, suo padre, ancora vivo, è conte di Copertino, dove anche risiede. E Mesagne è residenza stabile, da almeno quarant’anni, dei parenti stretti dei Castriota, i Musachi Arianiti Comneno.Alla luce di questo e, soprattutto, tenendo presente gli stemmi, non c’è difficoltà a concludere che ci troviamo proprio di fronte alla tomba di Giovanni Castriota Vranai Conte Scanderbeg che viene sepolto proprio qui dopo la sua morte.
In pratica è il cugino del primo, quello “seppellito” dallo Jurlaro, anche lui Giovanni ma figlio di Giorgio Scanderbeg e all’epoca ancora vivo.Ma non sono solo gli stemmi, o come dice il Polito “…soprattutto, tenendo presente gli stemmi…”, che confortano la teoria della chiesa – tomba. C’è, infatti, un passaggio nello scritto del Polito che inuriosisce ed è quando scrive che Bernardo, suo padre, ancora vivo, è conte di Copertino, dove anche risiede. Sono, però, da accertare con maggiore sicurezza le date di morte di Bernardo (Vallone dice che morì nel 1508) e dello stesso Giovanni (Polito dice che morì in giovane età, ma noi sappiamo con certezza che ebbe due figli, Maria e Pirro, quest’ultimo figlio naturale).
A Copertino, tenuta dai Castriota fino al 1547, oltre allo stemma dei Castriota Vranai presente sul portale della chiesa di Casole e assolutamente identico a quello della chiesa della Misericordia, sono scolpite nel bellissimo portale del castello, opera proprio dei Castriota Vranai, tra le altre le effigie di Bernardo e del figlio Giovanni, cioè del giovane Castriota che fu sepolto nella chiesa – tomba di Mesagne. Ed è ancora a Copertino e precisamente nella collegiata dedicata a Santa Maria ad Nives che troviamo un’altra prova. L’altare che dà il nome alla chiesa contiene un affresco simile a quello della chiesa della Misericordia, entrambi, infatti, rappresentano la Madonna che porge un melograno con la mano sinistra, mentre con la destra tiene Gesù che a sua volta ha nella mano sinistra un uccellino.Un fatto ci pare incontrovertibile: entrambi gli edifici furono costruiti su altri più antichi, certamente bizantini come provano i due affreschi, ed entrambi appartennero, dalla fine del Quattrocento a metà del Cinquecento, ai Castriota.
Quindi chi commissionò il rifacimento del delubro mesagnese e lo riadattò a chiesa – tomba aveva ben presente Copertino, anzi vi risiedeva e se non fu Bernardo o fu la moglie, Maria Zardari (per inciso va detto che il giglio della partizione destra dell’effigie, al di sopra del leone rampante ed impugnante la spada, rappresenta proprio lei) oppure il fratello di Giovanni, Alfonso il cui figlio Antonio sposò proprio la figlia di Giovanni, cioè la cugina, ereditando così sia i beni paterni che quelli dello zio – suocero. I due personaggi, o deità come li definisce il Mavaro, ai lati dello stemma di Mesagne potrebbero essere, a ben guardare, un uomo e una donna, marito e moglie, Bernardo Castriota Vranai e Maria Zardari, genitori di Giovanni seppellito proprio lì.
Marcello Ignone